giovedì 21 agosto 2008

Bojanov


Mi hai rubato la giovinezza maledetto, per due anni lo ho aspettato questo giorno, sono sposa da dodici ore e quel porco è ubriaco fradicio.

Porco
Maiale
Sono sposa da dodiciore e ti ubriachi da schiattare.


puh!
Quelli la vita mi vogliono rovinare, vogliono succhiare il mio cervello con i loro aghi.
Io non sono matto che mi devono bucare in testa.
Mi vogliono prendere l'anima.
Butta giu le pasticche mi hanno detto bevi la medicina devi bere la medicina,
ma io sono scappato
Mi vogliono legare l'anima e portarla in giro come l'orso Bojanov.
Ma io non sono un orso, io non sono Bojanov l'orso che lo leghi con la corda.
Vogliono le mie ali
Io non voglio dare le mie ali
le ali qualche volta mi portano in alto
qualche volta in basso
qualche volta cantano
qualche volta piangono
qualche volta ridono.
Anche dio è stato qui, sulla terra tra la gente,
e quando ha incontrato i gitani allora ha preso ed e volato sopra un altra volta
ma io non ho colpa se lui è rivolato sopra



musica accennata




no non girare sulla testa

hai finito i soldi?

ma guarda il padre eterno che si deve vedere, non ci si crede, Dio se esisti mi devi aiutare. Sempre così, tutto quello che ho guadagnato se lo prende lui,

quella gran testa di maiale, ogni volta lui soffia e mi vuota le tasche.
100.

me li dai

Lo sapevo che te li davo,
lui vince e ride sempre così, sempre così,
d'accordo Dio fallo vicere,
però una volta almeno una volta gardami, fatti vivo anche
con me se esisti dio dimostralo,
fammi vincere, io crederò in te per sempre.
Anche la casa mi gioco per vincere una sola volta
e gli porto via tutto come
ha fatto lui con me
per vincere quella testa di maiale anche la vita mi voglio giocare.

Fammi vincere Dio fai almeno questo
solo questo per i gitani,

una
volta mi basta una solo volta gran testa di maiale
se vinco ti fotto pure la mamma.
Tutto mi riprendo in una sola volta.



Maiale, buttatelo dentro al fosso, così gli passa la sbronza.
Due anni ho aspettato, hai rovinato il giorno delle nozze maiale.
Cane.
Cane schifoso.
Nel vino è andato ad affogarsi.
Eh?
Fango sei.
Fango.
Il giorno delle nozze assassino schifoso guardatelo sembra morto.
Ubriacone
proprio oggi,
non poteva aspettare.
Cane.


Non ti scordare Dio del tuo credente...

domenica 10 agosto 2008

Postdamerplaz


"

Il mondo sembra oscurarsi al crepuscolo, ma io lo racconto come all'inizio, con la mia cantilena che mi tiene in vita, dispensato dai tumulti dell'ora, e risparmiato per il futuro.

Basta con l'espansione nel tempo avanti e indietro nei secoli,
posso pensare solo da un giorno all'altro.
I miei eroi non sono piu guerrieri e re ma i fatti di pace, uno vale l'altro:
le cipolle messe a seccare, buone come il tronco d'albero che porta attraverso la palude, ma ancora nessuno è riuscito a cantare un epos di pace.
Cosa c'è nella pace che alla lunga non entusiasma e non che si presta al racconto.
Devo darmi per vinto ora?
Se mi do per vinto allora l'umanità perderà il suo cantore,
e quando l'umanità avrà perso il suo cantore, avrà perso anche l'infanzia.



Non riesco a trovare la Postdamerplaz.

No, credo sia qui...

No no, non può essere, perchè nella Postdamerplaz c'era il caffè Josti. Ci venivo
il pomeriggio a chiacchierare e a bere un caffè, guardavo la gente, dopo aver fumato i miei sigari da "Lounse una Wolff", una tabaccheria prestigiosa, proprio qui di fronte.

Allora, non può essere qui la Postdamerplaz.
E no, non si incontra nessuno, cui poter chiedere.

Era una piazza animata, tram omnibus a cavalli e due auto: la mia e quella della cioccolata Hamman.

Anche i magazzini Werthein erano qui, e poi,
all'improvviso la,
sventolarono delle bandiere.
L'intera piazza ne era piena
e la gente non era più gentile
e neanche la polizia.
Ma non mi do per vinto, finchè non ho trovato, la Postdamerplaz.


Dove sono i miei eroi?
Dove siete voi figli miei?
Dove stanno i miei?
Gli ottusi?
Quelli delle origini?


Chiamami, oh musa, il povero immortale cantore, che, abbandonato dai mortali suoi uditori, perse la voce, lui che angelo del racconto, è diventato il suonatore d'organetto là fuori, ignorato o deriso, alle soglie della terra di nessuno.



"